Organizzazione Comunista Marxista-Leninista

Organizzazione Comunista Marxista-Leninista (Ocml)

La nascita dell’OC(m-l) non sarebbe mai avvenuta se un insieme di condizioni e di circostanze, sia nazionali che internazionali, non si fossero venute a determinare, condizionando il dibattito sull’ortodossia marxista-leninista che, ormai da un decennio, vedeva impegnati un consistente numero di militanti comunisti. Sia all’interno del PCI, ovviamente in riferimento a quei militanti che male avevano assimilato la svolta dell’URSSS del 1956 e che di lì a poco sarebbero fuoriusciti dal partito, approdando in una delle tante organizzazioni rivoluzionarie sorte alla sua sinistra. Ma ,soprattutto fuori dal PCI , nella galassia m-l, ci si interrogava e si discuteva circa la possibilità della rivoluzione proletaria nell’Occidente capitalista e in quel luogo di confine, strategico e prezioso per le sorti dell’Occidente, che l’Italia rappresentava, tra blocco dell’Est e dell’Ovest, dalla fine del disastroso secondo conflitto mondiale. Cerniera tra due mondi l’un contro l’altro armato, confine mai trasformabile in frontiera e indiscutibilmente condannata alle compatibilità e ai limiti che la democrazia borghese potesse consentire. Una contraddizione attraversava l’ Occidente, una preoccupante anomalia serpeggiava in quella che tutti consideravano l’avamposto del capitalismo, la sentinella del mondo cosiddetto libero:la borghesia italiana e il suo capitalismo, ma soprattutto gli americani, dovevano fare i conti con la presenza, al suo interno, del più grande partito comunista Occidentale e non solo. Queste le circostanze significative che hanno consentito al movimento m-l italiano di poter crescere ed organizzarsi. Il primo segnale fu quello costituito dalla prima “organizzazione” m-l nata a sinistra del PCI. Siamo a Padova nel 1962 dove nasceva “Viva il leninismo”, quello che unanimemente viene considerato l’atto di nascita ufficiale della Sinistra Rivoluzionaria in Italia.In sè, tale evento, non costituisce un terremoto politico, ma è il segnale forte che la svolta revisionista del PCI non sta passando del tutto inosservata e, soprattutto, sotto silenzio. Il dubbio e la critica, circa il carattere ancora rivoluzionario del PCI, era stato avanzato e saranno poi gli anni successivi a tale evento a dar corpo, progetto, voce e movimento ad una strategia rivoluzionaria in Italia.Puntualizziamo alcuni aspetti della storia del movimento operaio di quel periodo. Se il XX Congresso del 1956 del PCUS aveva segnato l’inizio della destalinizzazione, processo politico dagli esiti quantomeno ambigui, sarà l’VIII Congresso del PCI, di solo pochi mesi dopo, che recepirà, facendolo proprio, tale percorso politico che alla destalinizzazione coniugava la revisione di alcuni principi cardini dell’ortodossia m-l, incontrando la resistenza di settori non proprio marginali del partito, ma che comunque non destavano preoccupazione nel quadro dirigente comunista. Già nel 1960 si era consumata la rottura del fronte socialista in occasione della Conferenza sui problemi internazionali dei partiti comunisti, che portò alla spaccatura tra Cina e URSSS. Ed è proprio in questo contesto che tutti quei comunisti delusi dalla svolta di Kruscev, iniziarono a volgere il loro sguardo politico verso la nascente seconda potenza mondiale socialista:la Cina. Il già ricordato giornale padovano “Viva il leninismo” e il gruppo che lo editò, sotto la direzione di Ugo Duse ed Enzo Calò, iniziò a muovere i suoi primi passi proprio all’insegna delle posizioni dei compagni cinesi e della critica del revisionismo sovietico. Era ormai chiaro che due linee politiche, due posizioni tattico-strategiche diverse, per non dire opposte, dividevano il movimento operaio internazionale:quella filosovietica e quella filocinese. Nel modo come anche in Italia due posizioni si contendevano la direzione dei partiti comunisti e dei movimenti da questi promossi. In Italia la rottura si ebbe nel 1962 , in occasione del X Congresso de PCI . Togliatti attaccò violentemente il maoismo a tal punto da suscitare una dura replica da parte di Mao e si arrivo così, all’inizio del 1963 , alla pubblicazione per le Edizioni Estere di Pechino di quel famosissimo testo che fu l’epocale “Sulle divergenze fra il compagno Togliatti e noi”.Questo testo, diffusissimo tra i militanti comunisti italiani, nel mettere in discussione l’autorità del PCI, costituì il fondamento teorico- ideologico dei gruppi m-l in Italia.Ormai la voce del PCI non era più unica ed indiscutibile all’interno del movimento comunista, queste prime esperienze pregiudicano la sua egemonia e la sua pretesa ad essere il rappresentante unico ed esclusivo del mondo comunista in Italia.Non solo. Per la prima volta andavano a costituirsi gruppi e organizzazioni politiche che da sinistra accusavano il PCI apertamente di revisionismo, social democratizzazione, se non proprio di tradimento della rivoluzione proletaria che ogni partito autenticamente comunista dovrebbe organizzare e porre in essere. Questi primi episodi di rottura saranno rafforzati dalle critiche espresse dalla nascita di altre riviste (“Quaderni Rossi”, “La Classe”, etc.) e di altri gruppi che esplicitamente ponevano all’ordine del giorno la costruzione di nuovo partito comunista autenticamente rivoluzionario e libero da qualsiasi revisionismo di sorta. Ma c’è un altro un altro episodio, di qualche anno successivo agli avvenimenti ricordati, e fondamentale per coglier la nascita delle formazioni m-l in Italia : la Rivoluzione Culturale Proletaria cinese. Il 1966 fu l’anno della Rivoluzione Culturale e già con la Circolare del 16 maggio, il CC del PCC accusava i vertici del partito di proporre una politica di destra che avrebbe portato la Cina sulla via del capitalismo. Mao sosteneva cioè la necessità di combattere le idee borghesi che pericolosamente si affacciavano in seno al partito e che minacciavano lo sviluppo stesso della rivoluzione socialista, posizioni di destra sostenute principalmente da Deng Xiaoping e Liu Shaoqi. Il pericolo era il revisionismo e lo scontro ideologico politico con i sovietici, sembrava trasferito in seno al PCC stesso. La Rivoluzione Culturale poteva difendere il partito dalla deriva revisionista e la costruzione del socialismo dal pericolo neocapitalista a condizione che l’attacco ai vertici del partito, ritenuti ormai su posizioni di destra, si coniugasse con la difesa più strenua dell’ortodossia marxista-leninista. La Rivoluzione chiamava soprattutto i giovani, e le masse in generale a questo compito, armandoli con il pensiero di Mao espresso soprattutto nel testo sulle “contraddizioni in seno al popolo e al Partito”, considerato lo sviluppo coerente e adeguato al suo tempo e alla nuova realtà del marxismo-leninismo. A qualsiasi livello, tutto il partito fu investito dalla critica radicale della Rivoluzione e i dirigenti ritenuti responsabili di deviazionismo furono costretti ad esercitare l’autocritica oppure a rassegnare le dimissioni, lì dove la rieducazione, condotta presso i villaggi contadini più sperduti, non aveva sortito i risultati desiderati. Successivamente a questo trattamento, infatti, le Unità di Lavoro e ogni struttura dirigenziale fu affidato a una triplice rappresentanza: del Partito, delle “Guardie rosse” e dell’Esercito di liberazione popolare, come garanzia contro ogni deriva revisionista. Tutto questo, tra infinite contraddizioni e problemi risulta databile fino al 1976, anno della morte di Mao.In estrema sintesi, il significato di questa Rivoluzione e la sua ricaduta nel contesto italiano è da individuare non solo nel tentativo di combattere un sistema di potere che pericolosamente si avviava alla burocratizzazione così come stava avvenendo, ma in un vero intento pedagogico. La possibilità cioè di poter criticare il Partito stesso, la stessa società che si stava costruendo, nella consapevolezza che le contraddizioni attraversavano pure la nascente società socialista e che il senso della storia non è per niente lineare, rettilineo e libero da problemi e ricadute. La consapevolezza che le classi non si possono eliminare per decreto o per esercizio della volontà. “Ribellarsi è giusto” ed è legittimo anche in un paese socialista anche contro il Partito e, a questo proposito, Mao è fin troppo chiaro:”bombardare il quartiere generale” è la sua inappellabile ed inequivocabile sentenza e, a scanso di equivoci , ribadisce che “la grande rivoluzione culturale proletaria è nella sua essenza una grande rivoluzione politica intrapresa dal proletariato in un ambiente socialista, contro la borghesia e le altre classi sfruttatrici; è una continuazione della lotta di lunga durata contro i reazionari del Guomindang, condotta dal Pcc [..] è una continuazione della lotta di classe tra proletariato e borghesia”. Questi avvenimenti ebbero immediata ripercussione nell’universo marxista-leninista italiano perché fu chiaro che si poteva criticare, da sinistra, sia il PCI che l’URSSS. Che anche in Italia si poteva “bombardare il quartier generale” in nome del marxismo-leninismo. Sul finire degli anni ’60, in Italia, si assiste, almeno in una parte del movimento comunista, ad un cambiamento che segnerà in maniera forte la storia del movimento operaio italiano: non più l’URSSS ma la Cina è il nuovo modello di riferimento e il maoismo il nuovo quadro teorico e di elaborazione politica. E lo fu anche perché, contemporaneamente, Mao intuì l’importanza, per il suo successo e per la sua affermazione, di esportare la Rivoluzione Culturale, e di esportarla soprattutto in un paese come l’Italia che contava la presenza del più grande partito comunista filosovietico dell’Europa occidentale. In Italia, con l’espressione marxista-leninista, almeno in un primo momento, si intendeva quella posizione politica che non aveva accettato la svolta operata dall’URSSS nel 1956 in occasione del XX Congresso del PCUS e condivisa ufficialmente dal PCI in occasione soprattutto del suo VIII e X Congresso. Questa posizione critica e di dissenso tendeva invece a rivendicare l’opera di Stalin e la sua continuità teorica con Marx e pratica con Lenin, in riferimento alla costruzione del socialismo in un solo paese. Successivamente, e dopo il 1966, con lo scoppio della Rivoluzione Culturale cinese, con m-l si identificavano i gruppi di ispirazione maoista che accusavano l’URSSS di tradimento alla luce del suo revisionismo teorico. In Italia, nel giro di pochi anni (da metà anni ’60 fino ai primi anni ‘ 70 con strascichi che si protrassero fino alla fine del decennio) si formò un vero e proprio arcipelago di gruppi m-l..Una galassia fatta di scissioni e di fusioni continue e ripetute che moltiplicò gruppi di ispirazione m-l oltre ogni aspettativa e a scissioni che più che eventi politici ricordavano eventi fisici nella misura in cui la scissione (o la fusione) non superava, quanto alle grandezze in campo, quella dell’atomo. Questi eventi si determinavano sulle più impensabili questioni di carattere dottrinale e interpretativo, così cavillose da far impallidire i dotti medievali circa le loro più ardite questioni teologiche. In Italia, infatti, i gruppi m-l caratterizzarono il loro dibattito teorico all’insegna di un bizantinismo spinto al parossismo. Ad una cavillosità forse mai raggiunta nemmeno dalla Scolastica medievale in riferimento alle loro dispute. E, paradosso dei paradossi, per chi si diceva materialista e maxista, tali questioni erano sostenute nel nome della più metafisica e teologica delle parole:la verità. Si discuteva e ci si divideva sui piani quinquennali di Stalin, sull’applicabilità della strategia leninista nel nostro paese, se le posizioni del Che fossero riconducibili o meno ad una linea politica spontaneista e se fosse corretta la sua valutazione sull’URSSS. Ed ancora, tutto della Cina era oggetto di dibattito, di presa di posizione e di divisione:dal ruolo di Liu Shao-Chi, a quello di Lin-Biao o di Zhou Enlai .Ma anche di Krusciov e della destalinizzazione così come della possibilità di cambiare il PCI dall’interno e quindi entrare in questo partito, oppure se considerarlo irrimediabilmente degenerato quanto alla sua natura comunista e quindi abbandonarlo. Oggetto di dibattito era anche l’opera e il pensiero di Togliati così come la natura delle contraddizioni in seno al popolo e al partito. Non si lesinavano le analisi sulla classe operaia e sulla sua natura e composizione e se questa conservasse ancora il suo carattere rivoluzionario o se fosse ormai integrata e omologata al modello dominante di produzione e di consumo capitalista. Internazionalismo, terzmondismo e processo rivoluzionario erano i termini problematici dell’ennesima questione posta all’ordine del giorno dell’agenda politica fino al mettere in discussione il trattino che lega marxismo a leninismo come rivendicazione di continuità o di rottura tra Marx e Lenin, il ruolo e la necessità del partito, della strutturazione interna e del centralismo democratico, così come quale fosse la soluzione teoricamente più coerente e corretta tra Partito Comunista Italiano e Partito Comunista d’Italia, etc Solo per ricordare alcune organizzazioni m-l nate, scissesi e defunte in quegli anni:Partito Comunista d’Italia (m-l), Unione dei Comunisti Italiani (m-l), Lega dei Comunisti Marxista-Leninista, Federazione Marxista-Leninista d’Italia, Lega Marxista-Leninista d’Italia, Azione Comunista, Partito Rivoluzionario (Marxista-Leninista) d’Italia, Avanguardia Proletaria Maoista, Partito Comunista Marxista-Leninista-Maoista Italiano, Partito Comunista Unitario d’Italia, Partito Comunista d’Italia (Marxista-Leninista ), Organizzazione dei Comunisti Italiani (Marxista-Leninista), Organizzazione dei Comunisti (Marxista-Leninista) d’Italia, Organizzazione Comunista Bolscevica Italiana Marxista-Leninista, etc. Anche la nostra città vide la nascita e la presenza, per il periodo che va dal 1973 al 1976 di una formazione m-l a carattere nazionale: l’Organizzazione Comunista (marxista-leninista) Fronte Unito, appunto. In un cinema di Bagnoli, alla presenza di oltre 700 delegati, il 28 gennaio 1973, si svolgeva il convegno di fusione tra l’Organizzazione Comunista (marxista-leninista)- Fronte Unito, il Circolo Lenin di Puglia e l’Organizzazione Popolare del Belice che dava vita e progetto, su scala nazionale, all’OC (m-l)-Fronte Unito. Due furono le relazioni politiche che crearono le condizioni per il dibattito, il confronto e l’unificazione di queste compagini m-l: una, affidata al compagno Ugo Pasini, di analisi generale, l’altra, sull’organizzazione e la tattica, affidata al compagno Pietro Mita.Al convegno erano presenti i rappresentanti di oltre 10 formazioni m-l, e una di queste, Il Nucleo Comunista (m-l) di Salerno, per bocca del suo delegato, dichiara di aderire alla nascente OC (m-l). La nuova formazione si proponeva la costruzione del partito, elemento questo strategico e capitale per ogni organizzazione m-l e strumento imprescindibile al fine di un adeguato radicamento nelle masse del progetto rivoluzionario che tale poteva essere, secondo la più classica delle articolazioni dialettiche, solo se riusciva a radicarsi nelle masse e a trarre, da queste, alimento e sviluppo progettuale. Con altre parole, ma con lo stesso significato, produrre teoria della rivoluzione attingendo direttamente dal movimento delle masse e radicarsi in esso per perfezionare e dare vita a questo progetto. La nuova organizzazione era volta alla promozione di nuove unificazioni tra forze m-l e, a tal proposito, individuava i seguenti obiettivi come elementi propulsivi di crescita organizzativa e, al contempo, fondamento comune per nuove e auspicate fusioni: 1) La dittatura del proletariato come fondamento del marxismo-leninismo 2) La consapevolezza che anche nel socialismo continuano ad esistere le classi e, quindi, la lotta di classe 3) L’internazionalismo proletario come fondamento di ogni organizzazione autenticamente rivoluzionaria 4) La consapevolezza, teorica e politica, che il capitalismo monopolistico di Stato sia l’ultima fase dello sviluppo del capitalismo, prima dell’instaurarsi del socialismo 5) La costruzione del socialismo in un solo paese è un principio irrinunciabile del marxismo-leninismo 6) Valutazione positiva dell’opera e del pensiero di Stalin (ha posto le basi per la costruzione del socialismo in URSSS sviluppando la teoria del socialismo in un solo paese. Valutazione positiva dei piani quinquennali e della pianificazione economica.) Nello specifico e nella traduzione pratica delle posizioni teorico-ideologiche, l’OC(m-l) si prefiggeva lo scopo di accumulare tutte le forze necessarie per la rivoluzione socialista in Italia e, a questo proposito, sottolineava l’importanza di una politica di alleanze secondo le indicazioni fornite dall’esperienze storiche del Fronte Unito, così come posta in essere dal PCC secondo il pensiero di Mao-Tse-Tung, della Terza Internazionale e dell’esperienza del Fronte Unico di Gamsci.Con l’esplicito chiarimento che tale tattica, in Italia, non sarebbe servita per porre in essere una rivoluzione di carattere democratico-borghese, bensì per una rivoluzione socialista volta ad instaurare la dittatura del proletariato. La presenza dell’OC(m-l) ad Ostuni coprì gli anni dal 1973 al 1976 (ad onor del vero, un gruppo di compagni, politicamente formatisi a Bari durante gli anni dell’università, proseguì tale esperienza per pochi anni ancora, rifiutando la confluenza nel MLS per mere divergenze di carattere ideologico) per poi confluire nel 1977 nel Movimento Lavoratori per il Socialismo. In quegli anni l’azione dell’OC(m-l) ad Ostuni si distinse soprattutto per l’impegno profuso nel referendum in difesa del divorzio, nel lavoro di massa tra gli studenti, per la controinformazione e per lo strenuo impegno nella pratica dell’antifascismo in difesa della democrazia pericolosamente minacciata dallo squadrismo fascista in combutta con la componente più ferocemente reazionaria della borghesia capitalista e dello Stato. E’ giusto il caso di ricordare che quegli anni, sono stati anni insanguinati da stragi fasciste (Piazza Fontana, Brescia, L’Italicus, etc), da omicidi della stessa matrice politica (Franceschi, Zibecchi, Varalli, etc.) e da numerosi tentativi di colpi di stato fortunatamente non andati in porto. L’azione di questa organizzazione si caratterizzò nella direzione già sottolineata e, in un giornale locale, da tale organizzazione promosso, “La scintilla Rivoluzionaria”, trovò la sua voce più sincera ed autenticamente rivoluzionaria in quelle che erano le battaglie sul territorio di Ostuni che l’OC(m-l) organizzò e promosse, così anche come testimoniato dal materiale recuperato e che qui vi proponiamo.
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